Non solo bello, ma anche funzionale; non stupefacente, ma che dia risposte concrete; coerente con i valori di marca, ma anche portatore di innovazione. Il brand design evolve il suo DNA.
Tra gli obiettivi del design di una marca c’è quello di facilitare il rapporto tra il prodotto stesso e il consumatore.
Il primo fattore critico del rapporto tra prodotto/servizio e consumatore è il brand emittente, il quale per definizione anticipa un percepito nei confronti del pubblico ed evoca una serie predeterminata di valori. Il compito successivo lo svolge il prodotto stesso che, per esempio attraverso il packaging, si pone al momento dell’acquisto con un determinato approccio: lo spazio della comunicazione sulla confezione si divide in due parti; da un lato il brand deve continuare a presidiare il posizionamento e il linguaggio che decide di evocare, dall’altro il messaggio del prodotto, che deve creare il giusto appeal per essere coinvolgente.
Stupore e concretezza, una possibile convivenza. Ma come attirare il consumatore verso un prodotto? Gli operatori del settore riflettono su quali elementi sia più opportuno mettere in scena.
Oggi stupire o “shockare”, come si diceva negli anni ’80, non è più un terreno percorribile per diversi motivi: il consumatore oggi si stupisce di poco e, cosa più importante, non gradisce più essere vittima di questi meccanismi persuasivi, essendo più conscio e consapevole della realtà che lo circonda. Quel che conta è generare engagement. Le persone oggi vogliono poter dire la propria, un brand non deve quindi tentare di ‘convincere’ o perseguitare il consumatore con l’ennesima proposta commerciale, bensì attivare una sintonia, un feeling.